ho trovato un articolo scritto su saa nel numero 105, giugno 2007 da f paolini, molto bello.. non so se posso postare il link o il testo per intero, per cui i mod potrebbero cancellarlo, in ogni caso sono ben spiegate anche le conseguenze in materia softair
https://www.csen-softair.it/articololegge005.html
quando l’abito fa il monaco
(articolo tratto da soft air adventures n. 105, giugno 2007)
di fabrizio "nibbio" paolini
le norme di legge sull’uso di uniformi e distintivi militari
uniforme o divisa? tradizionalmente, il mondo militare italiano, per descrivere il proprio abbigliamento, tende ad avvalersi della parola uniforme. in effetti, il termine è abbastanza immediato (l’uniformità è sinonimo di uguaglianza e di ordine), dato che deve descrivere capi di vestiario sostanzialmente identici per tutti gli appartenenti, o per lo meno per gli appartenenti a macro-aree interne alle forze armate. per il resto, come noto, le distinzioni tra i soggetti operanti nelle varie armi avvengono attraverso fregi, distintivi, mostrine e, naturalmente, gradi.
personalmente, ritengo inesatto il termine, che, se sul piano linguistico è ineccepibile, in realtà trasforma una caratteristica di certi capi d’abbigliamento (l’essere uniformi, cioè uguali, appunto) in un sostantivo. più corretto ritengo invece il termine divisa, il quale, pur nascendo anch’esso da un dato di fatto (una divisione dell’abito in parti e colori specifici, con un certo schema riconoscibile sul campo di battaglia o idoneo a distinguere l’appartenenza di chi si vi abbiglia), ha valenza molto più antica. ad esempio, già i legionari romani usavano “divise” e, nel corso dei secoli, più o meno tutte le formazioni da combattimento hanno cercato di darsi, per ragioni soprattutto di identificazione, degli abbigliamenti distintivi per taglio, colore eccetera. nel xvii secolo, con i primi eserciti strutturati, e soprattutto nel xviii secolo, con federico il grande, si arriva infine all’uniformità che caratterizza ulteriormente la divisa, usata su scala più ampia e in favore di armate più “nazionali”. solo per ribadire la priorità del termine divisa, ricordo che il re di prussia impose un “taglio” (un’altra “divisione” o “divisa”) dell’abito particolare con alcuni dettagli, come ad esempio i bottoni sui polsi, ancor oggi presenti come elemento decorativo nelle giacche anche non militari.
lasciando alle pubblicazioni e agli esperti di settore ulteriori ragguagli storici e, naturalmente, correzioni e/o opinioni diverse dalla mia, aggiungo, per concludere il discorso, che entrambi i termini (divisa e uniforme), senza troppe complicazioni, hanno trovato spazio anche nel mondo non militare per identificare l’abbigliamento di chi deve farsi identificare dal pubblico (come gli uscieri, i bigliettai, i ferrovieri eccetera) o in particolari ambienti, come ad esempio quello sportivo, che qui più interessa.
tutta questa premessa serve infatti a introdurre il tema di questo mese, ossia l’approfondimento sull’abbigliamento del softgunner, che, per le sue ben note peculiarità simulative (se non addirittura d’identità) degli equipaggiamenti militari, può creare dei problemi anche seri ai praticanti il soft air.
cosa dice la legge
a supporto della mia visione “linguistica” del problema, richiamo il contenuto dell’art. 498 del codice penale, che sanziona amministrativamente, in quanto illegittima, l’usurpazione di titoli, dicitura rappresentativa non solo di particolari titoli o crediti pubblici e/o privati esibiti ma non posseduti da qualcuno, ma anche qualsiasi altro segno distintivo, abbigliamento incluso, dotato di una certa autorevolezza e/o importanza. il testo normativo sostiene che:
chiunque… abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico o di un corpo politico, amministrativo o giudiziario… è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 154,00 ad euro 929,00.
per le ragioni che dirò, ritengo importante riportare un estratto anche del 2° comma di questo articolo che precisa:
alla stessa sanzione soggiace chi si arroga dignità o… titoli, decorazioni… ovvero qualità inerenti ad alcuno degli uffici, impieghi o professioni indicati nella disposizione precedente…
in primo luogo bisogna capire perché esista nel codice penale una norma simile. al di là del voler tutelare specifici interessi di settore (si pensi al caso dell’esercizio di una professione), la finalità dell’articolo è quello di garantire la cosiddetta “fede pubblica”, ossia, nello specifico, la positiva convinzione comune che un certo segno, abito o titolo indichino un soggetto preciso, in genere incaricato di attività di valenza e utilità pubblica. l’uso improprio o non autorizzato possono ingannare questa convinzione, con prevedibili conseguenze sia formali (s’ingenera, ad esempio, confusione nella gente con perdita di credibilità del soggetto o dell’amministrazione che realmente può esibire i segni distintivi) che sostanziali (ci si avvale di certi segni e abbigliamenti per ingannare il pubblico, avendo intenti, ad esempio, criminosi).
insomma, quando si gioca a soft air, l’art. 498 e la sua sanzione potrebbe applicarsi a chi si “veste” con un abbigliamento qualificabile come “divisa”, anche se essa non è completa, essendo sufficiente, per la commissione del fatto, l’uso anche di meri accessori come fregi, mostrine, gradi eccetera.
a chiarimento della portata dell’articolo, corre obbligo di precisare che non ha alcun valore la giustificazione, eventualmente opposta da chi si veste “da militare”, del contesto privato in cui ciò sia avvenuto, oppure la mancanza di esibizione pubblica. chi si abbiglia realisticamente con fregi e/o mostrine autentici, anche se sta giocando in una proprietà privata e non aperta al pubblico, è comunque perseguibile. infatti, se è vero che il 1° comma dell’art. 498 sanziona il porto abusivo in pubblico, ossia in presenza di un gruppo indeterminato e non conosciuto di soggetti, ciò non ha valore esclusivo o limitante della norma, in realtà ampliata dal citato 2° comma dell’articolo, che, sanzionando il puro e semplice “arrogarsi” un certo comportamento – ossia il solo fatto di porlo in essere volontariamente per indurre altri in errore – fa sì che, ovunque e in qualunque contesto, il trasgressore possa essere sanzionato (in questo senso ha indirizzato la corte di cassazione, v sezione penale, con la sentenza n. 5534/99). a onor di cronaca, non sono mancate anche valutazioni di senso opposto (cass. pen., sez. v, n. 401/70), in cui si è ridimensionata la portata del concetto sostenendo che il termine “arrogarsi” «implica anche il fare mostra pubblicamente od in relazione con estranei», per cui non sarebbero punibili i comportamenti “usurpativi” tenuti nel privato e lontano da folle travisabili. spiace, però, ricordare che tale indirizzo (radicato nel 1970) è ritenuto, oggi, minoritario e di scarsa applicabilità.
le conseguenze per i softgunner
da quanto fino ad ora esposto appare chiaro che l’art. 498 è abbastanza insuperabile e ritengo, seppur nella consapevolezza che i casi in cui è stato applicato al soft air sono veramente rari, che sia meglio non abusare della provvidenza. per voler dare qualche suggerimento, ritengo che:
• sia bene chiamare sempre le cose con il loro nome, per cui il softgunner non indossa mai né una divisa militare né, tanto meno, un’uniforme, bensì, al massimo, porta una divisa sportiva, scelta di concerto con altri componenti del suo club, oppure usa un equipaggiamento di gioco, espressione dall’ampia valenza e, pertanto, poco censurabile. se proprio non se ne può fare a meno, consiglio comunque, al di là della mia personale opinione sul tema, di usare la parola divisa: in italia, infatti, come detto, il nostro mondo militare ama di più servirsi dell’uniforme.
• lasciamo perdere fregi, distintivi, mostrine e gradi realistici ed equivocabili. molto meglio e, sinceramente, più significativo realizzare propri patch e segni distintivi, i quali, incontestabili sotto il profilo penale (a meno che non siano diversamente offensivi od osceni... ma questo è un altro tema) hanno anche il vantaggio, se esteticamente validi, di valorizzare l’immagine dell’associazione che li adotta.
distintivi stranieri e/o storici
qui la questione è un po’ più complicata, visto che l’art. 498 è nato in terra italiana e per le simbologie (e non solo) italiane. notoriamente, i softgunner fanno largo ricorso, per denominazioni e distintivi, al mondo militare di altre nazioni, quello americano e britannico in particolare. nulla di male: in fondo, buona parte anche delle innovazioni tecnologiche usate sui campi di gioco vengono proprio da queste nazioni, che hanno il costante pregio di valorizzare molto la coreografia bellica, sia essa vera che simulata. tuttavia, un eccesso di quest’uso potrebbe causare l’applicazione del testo normativo in oggetto. ho precisato, infatti, che il bene tutelato dall’art. 498 è soprattutto la “fede pubblica” e non l’onore di un certo gruppo sociale, tant’è che il 2° comma amplia il concetto, prevedendo la sanzione anche in contesti privati dove ci si “arroghi”, con finalità illusorie, diritti e titoli (o, meglio, la rappresentazione di diritti e/o titoli) inesistenti. come detto, l’”arrogarsi” ha un valore giuridico preciso e non va confuso con la mera vanteria dozzinale o goliardica, notoriamente praticata da alcuni picareschi personaggi che animano il mondo del soft air.
insomma, bisogna guardare al caso concreto, tale che, se dall’uso di certi abbigliamenti e mostrine stranieri si possono creare le premesse per una turbativa di pubblico, allora il rischio di essere sanzionati è serio; diversamente, si potrà essere additati (soprattutto dai consueti denigratori) come fanfaroni o esaltati, ma senza particolari conseguenze ex art. 498 del codice penale.
altra questione è quella dell’uso di divise e insegne storiche. tendenzialmente, proprio per il loro valore storico e non più attuale, esse non ricadono mai nel disposto dell’art. 498, poiché l’assenza di contemporaneità, purché riconoscibile e non equivocabile, scrimina il comportamento di chi le indossa. inoltre, questi capi d’abbigliamento e i loro corredi vengono indossati in situazioni e contesti particolari, come quello degli specialisti di reenactment, filone storico affatto diverso dal soft air, e forte di un indiscusso valore culturale. potrebbero esserci, casomai, alcuni problemi per l’uso delle decorazioni, che, seppur datate, hanno sempre un valore contemporaneo, essendo state rilasciate ad personam come segno di apprezzamento e merito per la partecipazione ad eventi di particolare valore militare o sociale o per servizi resi alla patria. in ogni caso, senza negare alcuna possibilità, vedo assai improbabile che dei softgunner indossino abusivamente medaglie autentiche sui campi di gioco o ne facciano mostra in pubblici eventi. potrebbe essere (in realtà è già accaduto) più facile, invece, che qualcuno ecceda nel fregiarsi di mostrine e distintivi storici dal significato piuttosto esplicito, magari applicandoli ad una mimetica o ad equipaggiamento contemporanei. in questo caso, la tematica si sposta sul piano politico e, al di là del buon senso e del buon gusto che dovrebbero impedire certi sfoggi inappropriati e non utili al soft air, il rischio “giuridico” è d’incappare in denuncie per ipotesi di reato collegate all’eversione o, più genericamente, al turbamento dell’ordine pubblico. è vero che poi tutto finisce in una bolla di sapone, ma essere indagati per avere esagerato nel vestirsi provocatoriamente, anche per i tempi che corrono, mi par proprio da cretini.